Giampiero Levi Capello: tra presenza e ricordo
01/06/2012
Ci sono occasioni in cui le decantate avanguardie di Artissima appaiono barbarie minacciosamente incombenti, e, allo stesso tempo, lontanissime.
Che respiro libero, davanti a queste tele di Giampiero Levi Capello; a questa sua scelta paradossalmente controcorrente, alla piacevole barricata del suo universo.
Conosco Giampiero Levi Capello da una vita.
Ma qui non si mettono in campo piazzamenti da amarcord.
Qui si parla di un pittore di incisiva personalità, di un uomo che, a tratti provocatorio, tranchant come certe sue camicie rosse, dà voce, nell’espressione artistica, ad una vena pensosamente lirica, rappresentando la natura con la meraviglia di un ragazzo, filtrata, con levità evocativa, dalla consapevole tenerezza della maturità.
Paesaggi, nature morte, libri, oggetti d’atelier come ferri del mestiere: ecco il memoriale sui quali da sempre esercita la sua fecondità creativa.
Una sorta di diario interiore che allude, sotto l’apparente semplicità, a un mondo emotivo articolato, in cui la dimensione intimistica interpreta, decanta il mondo empirico raffigurato.
Quello di Levi Capello è un universo suggestivo, finemente intessuto di vividi colori, di tracce di memoria comune: il verde della vegetazione, il blu del mare, il giallo dei girasoli non possono non evocare memorie di tutti:le domeniche in campagna, i giochi e le letture pensose in giardino, la contemplazione di un mare, così ricco di significati e richiami per noi piemontesi che-Paolo Conte docet-, “siamo in fondo alla campagna”. Preso dal fascino dell’immagine e del colore, flâneur nel suo divagare fra campi e marine, fra fiori e paesini; cantore degli oggetti quotidiani, Levi Capello rivendica i diritti dell’immagine, restituendola ai nostri occhi in rappresentazioni limpidamente leggibili, esaltandone il primitivo splendore, e allo stesso tempo suggerendo ciò vi è sotteso, in una continua rilettura spesso gioiosa, talora malinconica, mai tragica.
Altrettanto emotivamente filtrata è la quotidianità esaltata come fatto significativamente vissuto, di brocche blu, di ciotole in attesa, di campi di grano folgorati dal sole, di sedie rosse, di panni distesi, di finestre aperte verso un ‘oltre’ che non suscita timori, perché in continuità con l’intimo sentire.
Una rappresentazione che non indulge in oziose insistenze veristiche, e in cui neppure il silenzio - nascosto nella vegetazione, in certi cieli, in tanti scorci- è afasico, ma esprime, come negli spartiti musicali, una sua meravigliata sospensione.
Sorprendente e raffinata la tecnica mista delle sue opere più recenti, contraddistinte da inserti di stampe, incisioni e stoffe e da soggetti esotici, spesso arabi, come il delizioso piccolo avvolto in coperte colorate nella stiva di una “carretta del mare” nel dipinto “Clandestino!!”.
L’originale tecnica di Levi Capello, nel contempo figurativa e simbolica, risulta cosi ricca di emozioni, allusioni, rimandi, da trasformare il paesaggio, dominato dal gusto dei vividi accostamenti cromatici, in un locus animae custode del sentire dell’uomo, della sua attesa, dei suoi ricordi, creando così un dialogo intimo con lo spettatore, al quale l’originale artista dona continui stimoli con la forza e la poesia del suo sentire.
Il suo orizzonte pittorico, esposto negli spazi altrettanto evocativi della Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Chivasso, si rivolge a un pubblico al quale piacerà riconoscere nello sguardo dell’artista una poetica appartenenza, e il respiro autentico dell’uomo.
Marina Rota